Le aziende spesso investono somme elevate per adattare i propri software applicativi per supportare al meglio i loro processi di business. Nei sistemi tradizionali di monitoraggio le aree più analizzate sono le infrastrutture informatiche a livello di rete, sistemi e applicativi, spesso trascurando le reali prestazioni riscontrate lato utente. Per rispondere a questa esigenza, il monitoraggio IT si sta spostando dai settori di controllo standard spingendosi sempre di più verso la verifica della disponibilità, affidabilità e tempi di risposta dei servizi rilevati dall’utente finale.
Il cosiddetto Real User Monitoring è il modello che risponde a questa necessità. Da una parte l’obiettivo è fornire dati per verificare la conformità con i contratti di Service Level Agreements, dall’altra mantenere un livello elevato di produttività. Una maggior efficienza dei processi di business, per esempio, può essere garantita evitando rallentamenti o inaccessibilità dei sistemi gestionali, che possono portare al mancato inserimento di ordini o fatture, rappresentando perdite economiche per le aziende. Il reparto informatico può determinare esattamente quale servizio, e in quale momento, non funzioni correttamente. Questo approccio, soprattutto con la diffusione dei servizi Cloud, riveste un ruolo sempre più strategico per ogni responsabile informatico.
Disservizi nell’era del Cloud – qual è la causa?
Ogni fornitore cerca di proteggere al meglio il proprio Cloud, nonostante questo la probabilità di avere dei disservizi è comunque presente. Le conseguenze non devono essere per forza rovinose, ma rappresentano comunque delle inefficienze, come nel caso in cui anche singoli dipendenti in una grande organizzazione non dovessero essere operativi per un certo periodo di tempo. Anche in questo frangente però deve essere subito chiaro dove cercare la causa. Nella propria azienda? È da imputare ai fornitori? Alla rete? Alle applicazioni? Quali sistemi applicativi? Come dimostrare al gestore del servizio Cloud che il disservizio dipende da lui? La difficoltà contrattuale, che per i servizi Cloud è ad oggi solo agli inizi, rafforza ulteriormente tale effetto. A questo si aggiunge il crescente numero di IT provider. Poche aziende si affideranno esclusivamente a un unico gestore, ed esattamente come oggi si presenta la situazione per le piattaforme hardware, che vengono acquistate da diversi fornitori, così sarà in futuro anche per i servizi Cloud. Come si può integrare allora l’End User Monitoring nei processi di monitoraggio standard? Soluzioni note come Nagios, ma anche molti sistemi proprietari forniscono un monitoraggio specifico di servizi e sistemi che finora però non sono stati in grado di fornire un’analisi dettagliata di come un servizio funzioni realmente lato utente finale. In questo contesto l’End User Monitoring può essere introdotto attraverso l’adozione di Plugins e Agenti. Per gli amministratori di sistema questo approccio però si presenta piuttosto difficoltoso nella sua realizzazione, poiché prevede l’installazione dei vari Agenti su ogni singolo client. Un metodo più semplice, che può essere integrato in modo passivo nella comunicazione di rete e che interpreta i vari protocolli applicativi, è l’identificazione dei diversi indici di prestazione, i cosiddetti Key Performance Counter. Oltre alla facilità di implementazione questo approccio non influenza l’ambiente produttivo e può essere installato in modo indipendente nell’infrastrutture esistenti. In tal modo viene garantita l’archiviazione di ogni comunicazione e oltre ad un’implementazione trasparente non vi è alcun impatto sulle singole applicazioni.
Alternative in campo Open Source
Molti fornitori offrono soluzioni di questo tipo per una comunicazione di rete passiva volta ad analizzare le reali prestazioni riscontrate lato utente. I costi di acquisto tuttavia spesso superano le aspettative spingendosi di gran lunga sopra gli investimenti per i tradizionali sistemi di monitoraggio. Specialmente per le medie aziende diventa sempre più importante un’implementazione dell’ End User Monitoring facilmente gestibile e dai costi contenuti. Una delle alternative più competitive anche in termini economici, è rappresentata dalla combinazione di NetEye, soluzione di monitoraggio basata su Nagios, con la funzionalità per l’analisi di rete integrata in ntop. I dati sulle prestazioni vengono archiviati in un sistema di monitoraggio centralizzato. Grazie all’aggregazione dei dati viene svolto un confronto per controllare se le prestazioni dei servizi IT riscontrate lato utente sono accettabili o se presentano dei rallentamenti. Le informazioni rilevate non sono associate solo al servizio, ma anche alle postazioni di lavoro affette da problemi di prestazioni. Inoltre, vengono visualizzati il servizio di cloud, la comunicazione di rete e l’esatto tempo di risposta delle varie applicazioni.

Prestazioni misurabili da tutti i punti di vista
Se consideriamo lo sviluppo del Cloud Computing per gli anni a venire, l’End User Monitoring acquisisce un’importanza fondamentale per il monitoraggio informatico. Chi adotta servizi Cloud nella propria azienda, avrà bisogno di dati concreti per capire e dimostrare la causa di eventuali disservizi.
Utilizzando l’analisi passiva delle rete le operazioni rimangono invariate poiché non vi è nessun impatto sull’ambiente stesso. Le prestazioni sono quindi misurate esattamente come vengono percepite dall’utente. Si possono determinare informazioni oggettive per verificare che i requisiti qualitativi dei servizi IT erogati vengano rispettati.
Georg Kostner, è Product Manager della soluzione di monitoraggio Open Source NetEye presso Würth Phoenix. Per avere maggiori dettagli sull´adozione del concetto del Real User Monitoring in ambito Cloud, è possibile scrivere a neteye@wuerth-phoenix.com