La frenesia delle scadenze trimestrali, spesso occasione di traumatici cambiamenti in azienda, oggi costringe i manager a ritmi impossibili e a vivere in un continuo stato di tensione

Quante settimane produttive ci sono in un anno lavorativo? Sembra una domanda banale, ma così non è.
Pensate ancora a dodici o tredici settimane in un trimestre? Sbagliato! Una volta era così, prima della “maledetta” globalizzazione.
Prima che si cominciasse tutti a sostenere come tutto debba andare più veloce. Soprattutto prima che nelle multinazionali, piuttosto che altre aziende quotate in borsa, prendesse piede la smania incessante del risultato da conseguire a breve, anzi no, a brevissimo termine.
Si vive allora di trimestri, seguendo un calendario incalzante, stressante. Si sopravvive o si muore sul trimestre. Si viene promossi o premiati sul trimestre e magari cacciati quello successivo. Edificante…? Mah…pensandolo soprattutto quando ci si trova di fronte società il cui rapporto con i propri clienti dovrebbe essere di lunga durata qualche forte dubbio si innesca.
Prendiamo il caso delle aziende di hardware e di software. Al cliente finale non interessa certo seguire l’isteria di un risultato a brevissimo termine. Importa solo che quel partner sul quale sono state fatte scelte strategiche ci sia oggi e anche per gli anni a venire.

Purtroppo viviamo una situazione dove i valori veri sono stati sopraffatti da quelli effimeri. Dove alla sostanza e ai fatti si sono sostituite le mere vaticinazioni di analisti, più o meno prezzolati, pronti a spararne a più non posso.
Ma ormai non c’è più limite a questa devastante frenesia. E ne derivano situazioni a dir poco paradossali. Torno infatti alla mia domanda iniziale, sulle settimane lavorative in un anno piuttosto che in un trimestre.
Come scoprirlo? Semplice! Provate a organizzare un incontro con qualcuno che operi in aziende di quel tipo. Proponete una data attorno al 20 di Settembre? Vi sentirete rispondere che in quel periodo non è possibile. C’è la fine del “quarter” e tutti, sembrerebbe proprio tutti, sono troppo presi dalla “chiusura”…
Potreste replicare proponendo un’altra data: diciamo il 2 Ottobre…ma, ahimè, verrà scartata. Si deve consolidare e valutare il risultato…meglio andare qualche giorno in la.
Insomma, il vostro interlocutore ci sarà, salvo le due settimane prima della chiusura e quella successiva. Ne conseguono periodi di effettiva raggiungibilità e disponibilità di quei soggetti non superiori alle nove/dieci settimane.
Condite questa follia con l’atmosfera da cardiopalma che vi sarà trasmessa, peraltro realmente vissuta dai protagonisti.
Mettete assieme tutti questi ingredienti e avrete creato il nuovo film sul mondo degli zombie. Muoiono e rinascono a cadenza trimestrale. Passano alcune settimane come esseri normali ma giunge la trasformazione improvvisa a cavallo della fine del trimestre.
Magari voi pensate di poter avere interlocutori con visione di lungo termine, quantomeno destinati a durare nel tempo.
Sciocchezze! Roba vecchia! Tutto si cucina e si consuma in poche settimane. Poi, se tutto va bene l’interlocutore resta, altrimenti…altro giro, altra danza e vai…

Continuo a sostenere da tempo che la prima multinazionale la quale troverà il coraggio di mandare a farsi fottere tutti gli analisti finanziari (cosa che sarebbe, peraltro, buona e giusta…) tornando a valutare il proprio risultato solo sulla base di quello annuale conseguirà, con tale scelta, un grande successo.
Non solo, ma penso a quanto potrebbero esprimere di più i soggetti responsabili e artefici dei risultati di dette aziende. Sostituire l’assillo costante di un traguardo sempre più a breve con quello di più ampio respiro dell’anno favorisce una migliore “ossigenazione” di tutte quante le potenzialità.
Insomma si tornerebbe ad avere aziende dove si lavora meglio e i risultati si costruiscono su basi più solide.
Non solo: troveremmo nuovamente aziende dove la gente usa il cervello e pensa! Oggi non è più così perché la frenesia è tale da portare tutti solo e soltanto a eseguire senza pensare, senza riflettere.
Automi sotto pressione che eseguono e basta. Il pensare non è gradito e creare disturbo. Quello che conta è solo il risultato sul brevissimo, quello che si raggiunge il trentaduesimo giorno del mese.
Si, trentadue perché alla fine tutto si accumula sul rush finale dove il tempo sembra dilatarsi.
Questo meccanismo essere fatto saltare e chi lo farà per primo sono certo ne beneficerà.
E se, alla fine, in questa piccola rivoluzione avremo mandato a quel paese qualche analista…beh…non abbiamo proprio perso nulla, anzi avremo disinfestato un poco il mercato e svolto un’azione meritoria.

 

Enrico Negroni, autore di questo articolo, è stato responsabile europeo di SAP e ha lavorato nel management di multinazionali del calibro di HP ed IBM. Ora mette nei suoi testi l’intima esperienza nelle logiche operative dei colossi dell’It mondiale. È l’autore del libro “La scrivania obliqua”, Piero Macchione Editore.