È notizia di inizio agosto che Apple avrebbe superato per capitalizzazione il record detenuto da Microsoft. Con 600 dollari per azione la sua capitalizzazione vale oggi 619 miliardi di dollari, tre in più del record realizzato da Microsoft nel 1999. Ma la notizia non è necessariamente veritiera e per dimostrarlo basta fare alcuni semplici calcoli.
Come sempre succede con il marchio Apple, ogni notizia viene rilanciata in tempi rapidissimi su tutte le agenzie di stampa e ripresa dalla rete che ne amplifica il messaggio attraverso il passaparola e il social networking. Per questo quando si è saputo che Apple, in attesa del verdetto sulla contesa sui brevetti con Samsung, aveva superato la capitalizzazione record di Microsoft, all’apice della new economy, tutti si sono precipitati a comunicarlo. Facile anche prevedere che il record possa essere superato se la ditta di Cupertino dovesse alla fine ottenere il risarcimento richiesto a Samsung di 2.5 miliardi di dollari.
La rivista Techcrunch, con un articolo che ha suscitato una vivace e partecipata discussione online, fino a essere oggetto di correzioni successive, ha inizialmente tentato di dimostrare che l’azienda che ha raggiunto la massima capitalizzazione della storia non è Apple, e neppure Microsoft, ma IBM. Su questa affermazione Techcrunch ha dovuto poi fare marcia indietro, ammettendo che la sua analisi non era precisa e restituendo lo scettro a Microsoft, ma la discussione resta accesa. Sembra lo scontro tra una visione tradizionale dell’It, incarnata da aziende come IBM o HP, e quella emergente di realtà come Apple, Google, Facebook e Amazon.
Il richiamo ad IBM riporta infatti in auge una contrapposizione che data 1981, cara ai fan di Apple, con la società concorrente considerata legata a un modo vecchio di vedere l’IT. Risale a quella data l’introduzione del PC IBM che fu omaggiato da Apple con una ironica pubblicità che diceva “ Welcome IBM. Seriously!”.
Il calcolo che alcuni suggeriscono per posizionare correttamente il nuovo record di Apple dovrebbe comunque tenere conto dell’inflazione. Questo approccio è stato suggerito dalla Columbia Journalism Review che ha richiamato la classe giornalistica che segue il mercato tecnologico a fare attenzione alle informazioni e a essere meno zelanti nel diffondere una nuova storia di successo sul marchio del momento e invece più attenti nella ricerca di elementi in grado di falsificare opinioni e senso comune correnti.
Questo tipo di ricerca porterà i più a continuare comunque ad ammirare e a raccontare con rispetto il successo di Apple, ma anche a ricordare che esso non è ancora sufficiente a battere ogni record, tra i quali quello della capitalizzazione societaria.
Il futuro di Apple resta entusiasmante
A fare delle previsioni quantitative su quali record potrebbe ancora battere Apple è stato in febbraio di quest’anno il The New York Times. Con una capitalizzazione di 500 miliardi di dollari nel 2012 e tenendo conto dell’inflazione, nel 2020 Apple supererebbe i tre trillioni di dollari. Un valore incommensurabile e incredibile visto che supererebbe quello di interi grandi paesi come la Francia e il Brasile.
La troppa attenzione posta però sul risultato di Apple deriva da una visione dicotomica del marcato dell’It, incentrata sull’eterno duello tra Microsoft ed Apple. Una visione che condividono molti osservatori e consumatori anche nel 2012 ma che è sbagliata prospetticamente e comunque lontana dalla realtà.