Al di là dei luoghi comuni, cosa è indispensabile sapere per comprendere il cloud computing e il suo impatto sulle attività di business.

Cosa sappiamo realmente del cloud computing? Siamo sicuri che una conoscenza superficiale sia sufficiente? Come districarci tra definizioni, acronimi, soluzioni simili, modelli e architetture? Queste e altre domande simili possono essere percepite come capziose da parte di molti responsabili IT, eppure dovrebbero essere poste periodicamente per aggiornare le proprie conoscenze concettuali, investigare l’esistenza di novità in termini di approcci e modelli, mantenersi informati in un mercato tecnologico dinamico in costante evoluzione.

 

Il cloud computing sta entrando come un elefante in una cristalleria in molte aziende italiane, creando timori (per la dimensione?) ma anche confusione (per la poca dimestichezza con la specie?) perché eterogenei e poco familiari sono i modelli che sostengono la proposta in termini di servizi, strumenti e infrastrutture. A non essere chiare sono anche le definizioni, gli acronimi e i concetti usati per descrivere i nuovi ambiti informatici e le loro applicazioni.

 

Cos’è e cosa può diventare
Il Cloud Computing è la nuova fase evolutiva di internet. Una evoluzione che trasforma capacità e potenza di elaborazione, infrastrutture, applicazioni, processi e strumenti sotto forma di servizio, disponibile sempre e ovunque in base a bisogni e necessità. Il termine cloud va associato all’insieme di hardware, network, storage, servizi e interfacce che collaborano alla fornitura di un servizio. I servizi in cloud si fanno carico di erogare software, storage, infrastruttura e applicazioni attraverso internet su richiesta (on demand). Le caratteristiche principali sono l’elasticità, la scalabilità, la disponibilità di API, il self-service provisioning, il ‘billling’ e la misurazione dell’uso (pay-as-you-go).

 

Gli acronimi del cloud
I tre pilastri su cui si basano i servizi in cloud sono il SaaS ( software as a cervice), il PaaS (paltforms as a service) e lo IaaS (infrastructure as a servcie. Tutte e tre le modalità di servizio prevedono un utilizzo in base alle necessità in termini di servizi ( applicazioni, sicurezza, posta elettronica), di piattaforme (hardware e sistemi operativi) e di infrastrutture. I tre pilastri contribuiscono alla creazione del modello SPI ma ogni servizio può essere visto come una componente autonoma e utilizzabile in modalità diverse secondo il modello on-demand e pay-as-you-go. L’offerta di servizi in cloud si è arricchita negli anni di servizi specializzati quali lo Storage as a Service, la Unified Communications as a Service (UCaaS), l’Identity as a Service (IDaaS) e molti altri.

 

Non c’è un solo cloud
Il cloud computing può essere privato o pubblico. Quello privato è spesso il risultato della volontà di molti CIO e responsabili It di continuare a mantenere tutto sotto controllo all’interno dell’organizzazione. Solitamente questi sistemi cloud sono protetti da firewall perimetrali che garantiscono all’IT una gestione completa. Il cloud pubblico è la soluzione ideale per responsabili IT disponibili a fidarsi di fornitori esterni con l’obiettivo di trarre massimo vantaggio dai molti benefici impliciti nella tipologia di servizio offerto, nei costi, nella scalabilità e nella delega di ogni responsabilità di amministrazione e controllo. Il cloud pubblico non è necessariamente la soluzione ideale per dati mission-critical e dati troppo sensibili per la sicurezza dell’azienda. Una soluzione intermedia è il cloud di tipo ibrido che combina insieme i vantaggi del privato con quelli del pubblico. Una soluzione con un ROI elevato che permette di gestire in casa le componenti critiche e di esternalizzare quelle che lo sono meno. Nella categoria ibrida il Cloud Bursting è un modello alternativo nel quale l’applicazione viene eseguita su un cloud privato o nel data center aziendale ma si appoggia su un cloud pubblico ogni qualvolta le risorse private non siano più sufficienti. Si paga solo la richiesta extra di risorse, fatta ber bisogni specifici. Una soluzione ideale per applicazioni non mission-critical, che gestiscono dati poco sensibili per l’azienda. Completa il quadro dei cloud ibridi il Vertical Cloud, un sistema cloud ottimizzato per mercati verticali.

 

Componente fondamentale del cloud computing è il Big Data, la possibilità di gestire petabyte ed exabite di dati strutturati e non strutturati e di usarli per scopi analitici e predittivi. Farlo all’esterno permette alle aziende di sfruttarli con efficacia e rapidamente con strumenti analitici come Mapreduce e Hadoop. Hadoop è un framework per la programmazione in Java che supporta l’elaborazione rapida di grandi quantità di dati in un ambiente distribuito. Un progetto open source, originariamente concepito sulla base di Mapreduce di Google, Hadoop è una soluzione che prevede la segmentazione delle applicazioni in tante piccole parti o blocchi che possono essere eseguiti su qualsiasi nodo che compone il cloud. Questa frammentazione permette la distribuzione di logica applicativa e di dati in migliaia di nodi garantendo tempi rapidi di elaborazione ed elevata scalabilità.

 

Le proposte di cloud computing sul mercato sono numerose e non tutte vengono da vendor tradizionali del mercato IT. La proposta più longeva è quella di Amazon che con Amazon Elastic Compute Cloud (EC2) offre una soluzione per servizi senza limiti su Amazon cloud. La scelta di una o mille macchine virtuali non fa differenza in termini di costi. Si paga sempre ciò che effettivamente si usa. Microsoft propone Windows Azure, una piattaforma di cloud computing pubblica. E la lista potrebbe continuare con nomi noti e meno noti: Cisco, AT&T Synaptic, Citrix, Google APP Engine, HP, IBM, Salesforce.com.