Promuovere pratiche di governo sostenibili, semplici, innovative: è quanto si prefigge il Piano d’Azione europeo di eGovernment per il periodo 2011 – 2015 su cui si innesta l’Agenda Digitale per l’Europa. Non solo contenimento dei costi e ottimizzazione dei servizi, dunque, ma anche sguardo rivolto a temi oggi tanto in voga come la sostenibilità e l’innovazione, da declinare in chiave meno “modaiola”, più tecnica. L’Ict, dunque, non è solo l’abilitatore del piano, è uno degli strumenti del mix da cui dovrebbe dipendere la competitività del Vecchio Continente. La Dichiarazione di Malmo (in occasione del quinta Conferenza ministeriale sull’eGovernment, nel 2009) ha individuato, per i prossimi cinque anni, le quattro priorità politiche che coinvolgeranno le Pubbliche amministrazioni di tutti i Paesi europei; ebbene, al centro ci sono i cittadini e le attività produttive su cui sono progettati e sviluppati i servizi di eGovernment; la declinazione del concetto di sostenibilità, però, fa sì che miglior efficienza e miglior efficacia siano ottenuti con un contenimento di costi e risorse. Fare di più spendendo meno è la sfida del presente e del futuro più prossimo, che richiama interoperabilità e riuso, concepite come vie per la razionalizzazione e l’ottimizzazione.
European Action Plan 2011 – 2015
Il Piano d’Azione europeo, però, va oltre; gli obiettivi per il 2015 dovrebbero trasformarsi nella via maestra per la competitività dell’intero continente; per quell’anno il 50% dei cittadini dovranno poter utilizzare servizi di eGovernment e gli imprenditori dovranno avere a disposizione servizi online che permettano loro di lavorare ovunque in Europa, indipendentemente dalla localizzazione originaria della propria azienda. Che il Piano d’Azione 2011 – 2015 si dimostri il viatico finale verso il superamento dei confini nel mercato UE? Mi limito a pensare che l’Ict sia il primo, capillare abilitatore di un’interoperabilità tecnologica capace di costruire nel tempo quella permeabilità dei confini di cui abbiamo bisogno per trovare la nostra identità di europei in anni di dubbi, perplessità e paure, in una fase di ripiegamento che coinvolge proprio i Paesi che anni fa furono in prima linea per l’apertura di confini e culture.
Tra le aree chiave del Piano c’è l’Empowerment, la capacità cioè di aumentare la capacità di cittadini e imprenditori di essere proattivi utilizzando nuovi tool tecnologici; è per questo che i servizi devono essere progettati e realizzati intorno all’utente, sviluppando servizi inclusivi; per le medesime ragioni, ci si concentra sulla produzione collaborativa dei servizi, sul ri-uso dei sistemi informativi già implementati, sul miglioramento della trasparenza, sul coinvolgimento degli utenti nei processi di sviluppo delle politiche. Cruciale pure lo sviluppo del mercato interno; ancor oggi la maggior parte dei servizi pubblici online non funziona tra paesi diversi e coinvolge procedure piuttosto complesse per essere utilizzata; per sostenere un mercato interno sempre più senza confini è importante sviluppare servizi “seamless”, sull’esempio delle iniziative pilota avviate negli ultimi due anni, Spocs (Simple Procedures Online for Cross – border Services) e Peppol (Pan – European Public e Procurement On Line).
Dall’Action Plan europeo all’Agenda Digitale italiana
Come si colloca l’Italia nell’Agenda Europea? Il Rapporto Annuale Istat 2010 ha dedicato all’eGovernment una sezione specifica; si richiama, per esempio, l’indagine “2010 eGovernment benchmarck”, sviluppata dalla Commissione europea, che ha permesso di valutare la disponibilità online di una ventina di servizi base; con Austria, Irlanda, Malta e Portogallo l’Italia è prima con la totalità dei servizi disponibili, rispetto alla media europea che si attesa all’84,3%. Altrettanto confortante è la situazione delle Pubbliche amministrazioni locali; le analisi dell’Istat, condotte annualmente dal 2007, evidenziano che il 98% delle amministrazioni locali utilizza la posta elettronica, il 62,6% ricorre sistematicamente alla Pec, il 75% dispone di connessione a banda larga e quasi la totalità ha comunque una connessione Internet a disposizione. Rispetto al 2007, le percentuali indicano mediamente un miglioramento che oscilla dal 30 al 60% in più rispetto ai primi rilevamenti, segnale tangibile che, nonostante le difficoltà e gli anni di crisi, l’Ict non si arresta. Certo, come osserva l’Istat nel Rapporto Annuale, ci sono differenze tra i Comuni più grandi (oltre i 60mila abitanti) e quelli più piccoli, con meno di 5mila abitanti, ma i dati continuano a essere incoraggianti, ancor più se il confronto è fatto con Paesi europei ritenuti più virtuosi. Dati positivi anche per la firma digitale, usata dal 95% delle Regioni, il 98% delle Province e il 56,5% delle amministrazioni comunali. Decisamente più in ritardo, invece, è la gestione documentale (solo il 22,5%) e la digitalizzazione completa del workflow (solo il 6,5 per cento). Dall’ultimo Rapporto Istat (www.istat.it) emerge inoltre che il 91,3% delle amministrazioni pubbliche locali ha sviluppato un sito Web istituzionale con cui interagisce con i cittadini, le imprese e le istituzioni; la percentuale sale al cento per cento nel caso di Regioni e Province; si ferma all’87,7% per i Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti, percentuale comunque in netta crescita rispetto al 2007 e in linea con quanto accade nei paesi più virtuosi (la Confederazione elvetica, per esempio, che ha una percentuale di Comuni piccoli assimilabile alla nostra, mostra dati simili nella diffusione dei siti Web).
Cittadini digitali
Cosa fanno i cittadini online nei siti Internet delle Pubbliche amministrazioni locali? Il 67,8% dei siti consente di scaricare la modulistica, il 15,6% consente l’invio di documentazione online, il 7,6% permette, in via telematica, lo sviluppo dell’intero iter di specifici servizi. Fa riflettere il fatto che, come indicato sempre nel Rapporto Istat, sei Apl (amministrazioni pubbliche locali) su dieci “non hanno informatizzato le attività legate all’Ufficio Relazioni con il Pubblico, risultato legato a una contenuta capacità di utilizzazione delle informazioni raccolte sull’utenza attraverso contatti multicanale di Internet.” L’Istat ricorda che solo il 2,4% delle amministrazioni utilizza applicazioni Crm, per lo più concentrate nelle regioni del centro – nord Italia.
A fronte dunque di un’infrastruttura nel complesso ben sviluppata, mancano ancora le competenze specifiche (e le risorse, pure economiche) per implementare applicazioni che valorizzino la multicanalità; anche l’entusiasmo del cittadino, tuttavia, pare latitare. Dal confronto con gli altri paesi europei risulta che nel 2010 “meno di una persona su quattro (25%), tra quelle che hanno utilizzato Internet negli ultimi dodici mesi precedenti l’intervista, ha fruito di servizi elettronici offerti dalle amministrazioni pubbliche” (fonte Istat, Rapporto 2010); questa percentuale fa sì che l’Italia sia nelle retrovie della graduatoria Ue, in compagnia della Repubblica Ceca, prima solo di Grecia e Romania, ben lontana dai paesi scandinavi (oltre il 68%), dalla Francia (59%), dalla Germania e dal Regno Unito (50 per cento). Sono proprio questi dati meno positivi a dischiudere ampi settori di sviluppo; è in queste nicchie che, forse, sarà possibile costruire una parte del futuro del nostro Paese. D’altro canto, il documento presentato da Confindustria digitale al Ministero dell’istruzione, Università e Ricerca lo scorso 30 marzo ha sottolineato come la realizzazione dell’Agenda Digitale possa contribuire al Pil nazionale con una percentuale compresa tra il 4 e il 5% entro il 2015.