La troppa abbondanza e la sempre più diffusa specializzazione dei social network sta frammentando l’audience con il rischio di far collassare l’intero fenomeno. Il pericolo è che i partecipanti ai vari social network si chiudano in se stessi, in comunità ristrette e settarie e smettano di interagire con le reti sociali estese, le molte comunità auto-organizzate della rete e con il resto del mondo. Questa visione problematica sul futuro dei social network non è condivisa da chi, al contrario pensa, che siamo solo all’inizio di un fenomeno di networking sociale in rete che diventerà sempre più grande, diffuso e praticato.
Facebook o faceflop?
Facebook è l’esempio perfetto di un fenomeno che, nato come semplice gruppo Usenet, è cresciuto costantemente non puntando sull’esclusività e su reti sociali specialistiche a numero chiuso ma diventando sempre più aperto e generalista. Eppure anche Facebook (da qualcuno definito Faceflop dopo la fallimentare quotazione a Wall Street) sta affrontando, malgrado la leadership indiscussa, problemi inattesi derivanti da un calo di iscritti (7 milioni di cancellazioni in un anno), da una mancata raccolta pubblicitaria e dalla concorrenza di Google. L’essere generalista non mette al riparo Facebook dalla perdita di un’utenza alla ricerca di ambiti sociali più circoscritti e concentrici come quelli offerti da Google Plus.
Alla spasmodica ricerca del nuovo
Il gruppo, la pagina, il cerchio proposti dai social network come strumenti sociali e collaborativi sono solo una parte dell’esperienza complessiva. In rete la maggior parte delle persone partecipa silenziosamente, mira semplicemente a costruirsi una rete individuale di contatti e di relazioni per poi utilizzarle per scopi personali, professionali e di business.
A questo bisogno hanno risposto in molti ed oggi l’offerta è così ampia e variegata da offrire ambienti di social networking per qualsiasi cosa come network composti da due persone (FamilyLeaf, Pair) che condividono una vita di coppia ma anche per persone che vogliono condividere le loro ultime volontà (My Last Wish).
Il proliferare di social network specializzati finisce per limitarne l’efficacia e per obbligare i vari produttori a ricercare sempre qualcosa di nuovo e di eccitante per richiamare nuovi utenti, rubandoli ad altri. In questo modo però le varie soluzioni esistenti finiscono per diventare complementari, per coesistere e per configgere nel rubare il tempo dell’utente e la sua attenzione. Pochi abbandonerebbero Twitter per un nuovo Facebook, ma l’essere in più network contemporaneamente, riduce il tempo a disposizione e l’utilizzo che se ne può fare. All’utente piace il Facebook generalista e il Pinterest specialista, ma gestire troppi account, frequentare troppi circoli e gruppi finisce per penalizzare gli uni e gli altri, oltre che le relazioni sociali in essi attivate.
Un mercato che fatica a crescere
Le molte proposte di social networking hanno saturato il mercato. Con audience vicine al 90/100% e con un numero di startup che continua a crescere, lo status quo attuale non è destinato a durare. Il social networking è una bolla simile a quella già sperimentata ai tempi della net economy? Molte proposte esprimono soltanto la necessità di trovare nuove nicchie di mercato ma anche il poco senso nel farlo. Il futuro prossimo vedrà la scomparsa di molti attori e il consolidamento di coloro che hanno un’offerta più efficiente e che permette all’utente di ottimizzare l’uso del suo tempo.
Tutte le novità dovranno passare al vaglio di audience diventate molto esperte e selettive e i semplici imitatori di soluzioni esistenti verranno svelati, abbandonati o dimenticati immediatamente.