Una superficie di 40 mila mq divisa in 10 sale dati contenenti ciascuna 12 mila server posizionati in circa 300 rack. Questi i numeri del nuovo data center realizzato da Aruba a Ponte San Pietro, in provincia di Bergamo ed appena inaugurato. Il nuovo campus si affianca così ai due di Arezzo e a quello di Milano la cui capacità complessiva è di poco superiore a quello della provincia di Bergamo, a testimonianza della grandezza del nuovo sito.
“L’apertura del data center, avvenuta il 5 e 6 ottobre, rappresenta la prima pietra del progetto di Aruba che, grazie i 200 mila mq di superficie dell’intero campus, vuole mantenersi un punto di riferimento nel settore e costituire il polo tech più grande d’Italia. Al momento è stato inaugurato la prima delle 5 palazzine disponibili. Sono già stati avviati i lavori per la parte Sud della struttura che si prevede sarà terminata tra i prossimi 5-10 anni.” ha spiegato Stefano Cecconi, Amministratore Delegato di Aruba.
Il progetto, iniziato a fine agosto del 2016 con la riqualificazione dell’area ex Legler, è stato realizzato con l’utilizzo delle tecnologie di ultima generazione e nel rispetto dei massimi livelli di resilienza, consentendo al data center di poter guadagnare la certificazione di livello Tier4. La struttura è ecologica e garantisce il massimo livello di efficienza energetica grazie alla presenza di una centrale idroelettrica interna, un sistema fotovoltaico e un impianto geotermico che sfrutta la falda sottostante per gestire l’impianto di raffreddamento.
Per garantire un costante funzionamento del data center senza interruzioni, ogni parte della struttura ha almeno un suo doppione cosicchè, in caso di malfunzionamento, la copia del “pezzo” danneggiato può essere utilizzata. Massimo livello anche per la sicurezza fisica: per raggiungere la sala server si devono superare 6 livelli di controlli.
Elevato è anche l’interesse da parte delle imprese verso il nuovo polo: il 60% della struttura è già stata occupata o prenotata. Un risultato molto interessante che consente ad Aruba di aver già raggiunto il braekeven point, anche se non vuole comunicare l’ammontare dell’investimento effettuato, tutto comunque effettuato con risorse interne.