L’Ict per le imprese, non solo italiane, è ormai una commodity. Malgrado nell’ultimo anno la spesa It si sia ridotta dell‘1,5%, chi guida l’innovazione in azienda è chiamato in tempi difficili a nuove sfide. In questo senso i dati della Cio Survey 2012, condotta da NetConsulting, aiutano a fare chiarezza sui cambiamenti del ruolo del responsabile dei sistemi informativi, e altrettanto utile è il dibattito che si è sviluppato alla presentazione della ricerca in Assolombarda.
Nuove strategie
Lo studio, giunto alla settima edizione, parte dall’esame di più di 70 interviste a responsabili dei sistemi informativi di aziende medio-grandi rappresentative dei diversi settori che costituiscono il sistema produttivo italiano, ed è mirato a svelare il rapporto tra i cambiamenti nelle tecnologie e quelli che avvengono nel contesto aziendale. Il tutto diventa particolarmente significativo se calato nel contesto economico del periodo. Giancarlo Capitani, presidente di NetConsulting, ha infatti accennato all’andamento della spesa per l’It, che anche nel 2011 ha subito un calo molto pesante, con l’Italia in coda all’Europa, superata in negativo solo dalla Spagna. Alcune domande della survey aiutano anche a delineare cambiamenti nelle strategie delle aziende che puntano con più forza di prima all’internazionalizzazione, alla ricerca di opportunità che il mercato domestico non riesce più ad offrire.
Un secondo punto verso il quale le aziende si muovono con decisione è il contenimento dei costi, anche per l’It, alla ricerca se non altro del mantenimento della marginalità che con il perdurare della crisi andava via via erodendosi.
Per questo il 37% degli intervistati ha dichiarato che la spesa It nella sua azienda è calata nel corso del 2011, per il 46% la spesa è stabile, mentre solo il 16% parla di un aumento.
Ma non ci sono solo tagli alle spese. Le aziende italiane sono infatti avviate su una strada assai virtuosa di rinnovamento interno, che sembra coinvolgere la governance, l’innovazione di prodotto e il time to market. In questo percorso i Cio intervistati sono pesantemente coinvolti, essendo spesso chiamati ad avviare progetti che seguano proprio queste linee guida. E la ricerca evidenzia come proprio i prodotti It più importanti per veicolare questi cambiamenti sono quelli sui quali si è concentrata l’attenzione dei Cio focalizzando gli investimenti. Questi comprendendo le soluzioni di business intelligence, Crm, Scm, soluzioni Cloud e naturalmente la security a condire il tutto.
Si tratta quindi in gran parte di progetti destinati ad avviare la trasformazione delle imprese che si preparano ad accogliere logiche cloud, mobile e social. Tra le aree di maggior investimento al primo posto c’è appunto la Business intelligence, vissuta anche come supporto al passaggio dalla logica imprenditoriale a quella manageriale, che viene logicamente suddivisa in reporting e business analythics.
Particolarmente interessante anche la risposta del Cio circa l’utilità di adottare strumenti di social Crm. La ricerca evidenzia come la maggior parte degli intervistati ritenga al momento più importante rivolgere questi strumenti ai clienti che non alla community interna, fatta di collaboratori, partner e fornitori. Questo è comunque considerato da molti il prossimo passo. Quanto alle applicazioni mobile, in testa a tutte ci sono dashboard per il top management e gestione della forza vendite. I settori in cui i nuovi device stanno prendendo piede più velocemente sono comunque il fashion e il pharm, che vedono un vero e proprio boom di utilizzo specifico di smartphone e tablet.
Altra priorità dei Cio, se non altro in quanto elemento di studio e riflessione, è naturalmente il cloud. Le ragioni di questo interesse, secondo la ricerca, vanno attribuite ad aspettative circa la scalabilità, il ridotto time to market e la flessibilità dei costi, mentre sono ancora visti come fattori di rischio la sicurezza, la disponibilità dei servizi e le logiche di licensing da concordare con i fornitori. Anche il fattore culturale è un elemento che può frenare l’adesione al cloud, che va inteso come il rischio percepito dai Cio di perdita di importanza del proprio ruolo nel momento in cui si demandano attività fondamentali a servizi esterni preconfezionati.
Meno soldi e più responsabilità
Il ruolo del Cio resta comunque fondamentale per le aziende, malgrado i continui tagli di budget, come testimoniano i dati sulla durata dell’incarico, che per il 41.5% dura da 3 a 5 anni e per il 26.2% va dai 6 ai 10 anni. Non si tratta comunque di un’attività a cui vengono spesso chiamati i giovani, con il 37,9% che ha più di 50 anni, mentre sotto i 50 anni sono il 10,6%, anche se c’è un lieve miglioramento rispetto all’analoga ricerca del 2008.
Il Cio, secondo la survey, dipende per lo più dal direttore generale o dall’amministratore delegato, figure a cui risponde senza intermediari, mostrando quando sia completa la visione che il responsabile dei sistemi informativi deve avere nell’azienda nel suo complesso. Presentando la ricerca Capitani, ha dichiarato “il Cio deve avere in azienda il ruolo fondamentale di technology advisor per il business, se questo avverrà la competitività delle aziende italiane potrà riprendersi proprio grazie ai Cio”.
Il coraggio della discontinuità
Al dibattito sul tema del cambiamento hanno partecipato Gianluigi Castelli, Cio di Eni, e i responsabili dei sistemi informativi di Pirelli Tyre Alessandra Banfi, di Brembo Pierpaolo Crovetti e di Amadori Gianluca Giovannetti. Per Castelli il cambiamento è connaturato da sempre con l’attività del Cio, il cui ruolo principale è di trasformare in azioni costruttive le innovazioni tecnologiche. C’è però anche un cambiamento ad alto rischio, di frattura, che può essere perseguito con cautela solo mantenendosi allineati alle reali necessità dell’azienda. Livelli forti di discontinuità possono però portare a grandi risultati in termini di efficienza, e ci si rende conto che anche gli obiettivi più ambiziosi possono essere ulteriormente migliorati se si parte da un nuovo punto di vista.
“In Eni abbiamo attraversato una fase di cambiamento che è durata quattro anni, finalizzata a raggiungere un decente livello di servizio erogato migliorando l’efficienza. Questo cambiamento si è tradotto nella riduzione della spesa informatica di circa 100 milioni di euro all’anno, e in una riduzione dell’organico dell’It aziendale del 41%. A questo punto, raggiunto il livello di efficienza previsto, abbiamo messo in atto anche il cambiamento radicale, quello discontinuo, che passa dal rifacimento infrastrutturale e dal passaggio a modelli di Cloud privato. Con questo passo ulteriore si scopre che non avevamo grattato il fondo del barile e senza più ridurre l’organico o affidarsi ad agenzie esterne prevedo si possa ottenere un ulteriore risparmio di circa 50 milioni all’anno. Quindi il rischio c’è ma è una strada che va percorsa”. Sul tema della consumerizzazione dell’It Pierpaolo Crovetti ha detto che il fenomeno è più che altro un’opportunità per nuove modalità di collaborazione trasversale interne ed esterne all’azienda, ma è un sistema che va governato per garantire protezione ai dati aziendali sensibili. La consumerizzazione sottende comunque un grande cambiamento sociale, che può portare a nuovi livelli di produttività ma soprattutto a cambiare il modo di comunicare e operare dell’azienda stessa, e non può essere fermato con logiche di difesa perimetrale.
Per Alessandra Banfi, un sfida importante è mantenere la governance centrale dei processi in aziende sempre più delocalizzate. Per farlo è necessario puntare fortemente alla standardizzazione del sistema, con regole e procedure che possano valere a livello mondiale. Il cambiamento anche in Amadori, che con 1,2 miliardi di fatturato rappresenta la media impresa, è una questione strategica che va ben oltre la stesura e il mantenimento dell’organigramma. Secondo Gianluca Giovannetti saper governare il change è un elemento oggi più importante del design del processo, e senza questa leva il Cio potrebbe non essere in grado di ottenere l’efficienza richiesta. Molti comunque continuano a considerare l’It aziendale come un semplice investimento, talvolta eccessivo, mentre il Cio deve mettere insieme persone, processi e tecnologie, e per questo sarebbe bene che assumesse un ruolo via via più centrale nello sviluppo delle attività del business.
Più social per far crescere persone e aziende
La presentazione della survey è stata anche l’occasione per premiare Cio che sono distinti per progetti Ict particolarmente innovativi. Tra questi c’era anche Silvio Fraternali, Direttore dei sistemi informativi di Intesa San Paolo, che ha presentato la sua visione di un It “social” in grado di mescolare ruoli e situazioni anagrafiche per far emergere competenze e idee in grado di cambiare le aziende. “L’uso di strumenti social per motivare le nostre persone è una necessità per l’azienda per cui lavoriamo. In un mercato che non va bene per le nostre aziende ci dobbiamo sentire sempre più una leva importante. Noi Cio trattiamo una materia tecnica, ed è inutile lamentarci di non essere compresi. Sta a noi farci comprendere con umiltà e consapevolezza del valore aggiunto che possiamo apportare.” Ha dichiarato Fraternali, aggiungendo: “Per aiutare i colleghi che fanno altri mestieri è necessario mobilitare le energie di tutti, non più in una struttura verticale dove le decisioni le prendono in pochi, ma con una spinta dal basso. Gli strumenti social vanno proprio in questa direzione e possono aumentare il valore aggiunto che l’azienda può generare.”